Nella cultura antica e nella tradizione comune, il termine, di origine latina, Finis Terrae (letteralmente “confine del suolo”, o meglio “confine della terra”) indica l’ultimo lembo di terra di una determinata regione prima dello stagliarsi imponente del mare aperto. In altre parole, un promontorio, una protuberanza terrestre, una punta che sancisca di fatto la fine (e quindi il confine) del mondo, oltre il quale nulla sembra andare oltre.
Essendo quindi posti di collegamento tra il tutto il niente, tra il conosciuto e lo sconosciuto, tra il ricordo ed il sogno, i Finis Terrae assumono il valore di luoghi sacri, templi naturali in cui andare alla ricerca di sé stessi. Rappresentano il capolinea di un cammino, l’inevitabile arrivo e la conseguente presa di coscienza del concetto di fine.
Sono, volendo stressare il concetto, il limite estremo di tutto. Oltre ad essi non si può andare, sono il traguardo per eccellenza, l’ultimo punto da cui osservare l’orizzonte.
Da qui la ricerca fotografica del limite naturale del mondo.